Thomas Clement Salomon
Leggi i suoi articoliIn Italia sono molti gli atenei che possono vantare collezioni di estremo interesse per studiosi e ricercatori. Nelle nostre Università sono presenti, e andrebbero valorizzati, musei di storia naturale, di antropologia, di storia della medicina, di antichità, gipsoteche e molto altro. È però difficile immaginare delle collezioni universitarie italiane che custodiscano dipinti di artisti quali Van Gogh, Picasso o Klimt che oggi verrebbero battuti all’asta per svariate decine di milioni di dollari.
Collezioni universitarie di questo genere sono presenti all’estero, basti pensare al Courtauld Institute of Art di Londra. Negli Stati Uniti, a Cambridge nel Massachusetts, la città universitaria di Harvard ospita raccolte davvero straordinarie: il Fogg Museum, il Busch-Reisinger Museum e l’Arthur M.Sackler Museum confluiti negli Harvard Art Museums riaperti al pubblico nel 2014 dopo lavori di rinnovamento degli spazi firmati da Renzo Piano.
Oltre alla revisione dell’edificio in stile georgiano che ospitava il Fogg Museum, l’architetto genovese ha previsto una luminosa copertura in vetro e acciaio che forma oggi una vasta piazza coperta. La superficie museale è stata incrementata del 40 per cento grazie a un’innovativa articolazione degli spazi.
Addentrandosi nel cortile il visitatore rimane stupefatto: le arcate in stile neoclassico dell’antico edificio sono sovrastate dalla copertura in vetro progettata da Piano dalla quale filtra una calda luce naturale. La vista dal basso dei piani superiori, che attraverso le vetrate lasciano intravedere le opere, invogliano a proseguire con la visita.
Per uno studioso, il frammento di un vaso attico a figure rosse o lo studio della composizione chimica dei pigmenti utilizzati da John Singer Sargent possono avere la stessa importanza di una tela di Piet Mondrian o di Georges Braque: le raccolte estremamente variegate del museo di Harvard consentono tutto ciò. Passeggiando per le gallerie ci si può imbattere in manufatti cinesi del XIII secolo a.C., opere egizie, ma anche in dipinti impressionisti, fino ad arrivare all’arte contemporanea.
Tra i reperti delle civiltà mesopotamiche è conservato un rilievo in alabastro raffigurante il profilo di una divinità barbuta. Realizzata nel IX secolo a.C., la scultura proviene dal Palazzo del re Assurnasirpal II a Nimrud nel nord dell’Iraq. Allo stesso piano particolarmente toccante è il ritratto di una donna con orecchini proveniente dall’antica città di Antinoopolis in Egitto. Si tratta di una rappresentazione funebre eseguita con la tecnica dell’encausto per essere posizionata in corrispondenza del volto della persona defunta. Databile alla fine del regno di Adriano tra il 130 e il 138 d.C., quest’immagine così nitida di una donna vissuta quasi 2000 anni fa affascina ancora oggi a quasi due millenni di distanza.
All’interno delle gallerie che ospitano le opere rinascimentali, è esposta un’intrigante tavola dipinta da Piero di Cosimo, uno dei più enigmatici pittori del Rinascimento fiorentino, intorno al 1500, probabilmente per Guidantonio Vespucci. Raffigura «Le disgrazie di Sileno», un episodio tratto dai Fasti di Ovidio. Nella Vita di Piero di Cosimo Vasari menziona il dipinto insieme al suo pendant raffigurante «La scoperta del miele», oggi custodito al Worcester Art Museum. La tavola venduta nel 1940 al Fogg Museum di Harvard si trovava in Inghilterra già nel XIX secolo.
Vespucci non si sarebbe mai immaginato che il suo dono nuziale dopo alcuni secoli sarebbe finito sull’altra sponda dell’Atlantico, in quella terra che veniva scoperta proprio in quegli anni, per illustrare al pubblico americano gli esiti più alti della cultura umanistica fiorentina.
Di grande interesse è anche la collezione di disegni e acquerelli. In essa sono custodite opere di Albrecht Dürer, Michelangelo, Peter Paul Rubens, Nicolas Poussin, Giovanni Battista Tiepolo, Jean-Honoré Fragonard, William Blake e molti altri.
Tra le opere moderne sono presenti diverse tele di Picasso tra le quali una del periodo blu intitolata «Madre con figlio»dipinta nel 1901. Particolarmente ricca la raccolta di opere tedesche e austriache tra le quali si possono ammirare l’«Albero di Pero» dipinto da Klimt nel 1903 e «I cavalli rossi» di Franz Marc del 1911. Icona del museo di Harvard è l’«Autoritratto di Van Gogh dedicato a Gauguin», uno dei cinque autoritratti dipinti dal pittore olandese durante il suo soggiorno ad Arles. Il pittore stesso scrisse di essersi raffigurato su di uno sfondo «verde Veronese», manipolando i suoi tratti ispirandosi alle stampe giapponesi. Deterioratosi il loro rapporto di amicizia, Paul Gauguin vendette il dipinto per 300 franchi. Esposto a Monaco nella Neue Staatsgalerie fino al 1938, il dipinto, considerato dal regime nazista un esempio di «arte degenerata», venne scartato dalle raccolte del museo bavarese, finì all’asta in Svizzera e venne poi acquistato dal museo di Harvard nel 1951.
Frutto di diverse donazioni e acquisizioni, le raccolte del museo contano oggi 200mila opere destinate a sviluppare il pensiero critico degli studenti, dei docenti e del pubblico fruitore. Ad Harvard è possibile imparare non solo grazie ai testi e alle parole durante le lezioni, ma anche ammirando direttamente le opere dal vivo: davvero un grande lusso.
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